IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso della S.r.l.
 Project di Conegliano, in persona del legale rappresentante  Giuseppe
 Sbroggio',  rappresentata  e  difesa degli avvocati Alberto Borella e
 Franco Stivanello Gussoni, con elezione di domicilio presso lo studio
 del secondo in Venezia, Dorsoduro 3593, come da mandato a margine del
 ricorso, contro il comune  di  Conegliano,  in  persona  del  sindaco
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso dall'avv. Ivone Cacciavillani,
 come da mandato a  margine  del  ricorso,  con  domicilio  presso  la
 segreteria  di  questo  tribunale,  ai sensi dell'art. 35 del r.d. 26
 giugno 1924, n. 1054, la regione Veneto, in  persona  del  presidente
 della  giunta  regionale pro-tempore, non costituito in giudizio, per
 l'annullamento:
       a)  dell'atto 24 febbraio 1989 con cui il sindaco del comune di
 Conegliano ha diffidato la societa' ricorrente a dar corso ai  lavori
 di  cui  all'istanza  24 novembre 1988, sulla quale si era formato il
 silenzio-assenso;
       b)  del  provvedimento del sindaco del comune di Conegliano del
 14 marzo 1989 con il  quale  e'  stato  espresso  diniego  in  ordine
 all'istanza di concessione edilizia presentata il 23 novembre 1986;
 e, in quanto occorra,
       c)   dell'art.  38  del  regolamento  edilizio  del  Comune  di
 Conegliano;
    Visto il ricorso, notificato il 28 aprile 1989 e depositato presso
 la segreteria il 5 maggio 1989, con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Conegliano,
 depositato il 16 maggio 1989;
    Viste le memorie prodotte dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  28  giugno 1990 - relatore il
 consigliere Luigi Trivellato - gli avvocati Stivanello Gussoni per la
 societa'   ricorrente   e   Michielan,   in   sostituzione  dell'avv.
 Cacciavillani, per il comune di Conegliano;
    Ritenuto e considerato quanto segue:
                               F A T T O
    Avverso  i  provvedimenti  indicati  in epigrafe la S.r.l. Project
 deduce i seguenti motivi di impugnazione:
      1)  violazione dell'art. 79 della legge regione Veneto 27 giugno
 1985,  n.  61,  ed  eccesso  di  potere  sotto   il   profilo   della
 contraddittorieta'  ed illegicita', nell'assunto che sulla domanda 24
 novembre 1988, diretta ad  ottenere  l'assenso  alla  variante  della
 concessione  edilizia  14  febbraio  1985  per  la  costruzione di un
 fabbricato da adibire a centro commerciale, variante consistente  nel
 cambio   di  destinazione,  con  opere  edilizie,  dell'interrato  da
 autorimessa   ad   uso   commerciale,   si   sarebbe    formato    il
 silenzio-assenso, per l'inutile decorso del termine di novanta giorni
 previsto dalla norma citata;
      2)  violazione dell'art. 76 della legge regione Veneto 27 giugno
 1985, n. 61. Eccesso di potere per contraddittorieta', illogicita' ed
 insufficienza   della   motivazione,  nell'assunto  che,  essendo  la
 destinazione commerciale dell'interrato compatibile con le previsioni
 urbanistiche  poiche'  l'edificio  di  cui  si  tratta  sorge in zona
 commerciale,  sarebbe  pretestuoso   il   generico   ed   imprecisato
 riferimento  all'aggravamento  del  carico  urbanistico contenuto nel
 provvedimento sindacale 14 marzo 1989,  n.  32577/3259/88/Urb.,  pure
 impugnato,  recante  diniego di concessione edilizia per il cambio di
 destinazione di cui sopra;
      3)  violazione e falsa applicazione dell'art. 38 del regolamento
 edilizio  comunale.  Eccesso  di   potere   per   illogicita'   della
 motivazione,  disparita'  di  trattamento,  difetto  di istruttoria e
 sviamento. Premesso che, in base al citato art.  38,  l'utilizzazione
 dei  sotterranei  potra'  essere  consentita  per  negozi ed esercizi
 pubblici tutte le  volte  che,  per  le  caratteristiche  costruttive
 dell'edificio  e  per gli impianti tecnologici di cui esso e' dotato,
 non vi siano pericoli per la sicurezza, la societa' ricorrente assume
 che,  sulla  base del precedente comportamento dell'amministrazione e
 della  volonta'  emersa  dal  consiglio  comunale  nel  corso   della
 discussione  verbalizzata nella deliberazione 22 gennaio 1988, n. 54,
 il sindaco di Cenegliano non avrebbe potuto, come  invece  ha  fatto,
 rigettare  la  domanda  di  concessione  edilizia in variante, ove si
 consideri  che  l'edificio  di  cui  si  tratta  presenta  tutte   le
 caratteristiche di sicurezza auspicabili;
      4)   eccesso   di   potere  sotto  il  profilo  dell'illogicita'
 manifesta. Con tale mezzo di gravame la societa' ricorrente  censura,
 in  via subordinata, l'art. 38 del regolamento edilizio del comune di
 Conegliano, nell'assunto che si tratterebbe di  norma  illogica,  sia
 perche'     non     chiarirebbe    il    significato    dell'avverbio
 "eccezionalmente" usato a proposito della destinazione commerciale  o
 a pubblici esercizi dei piani interrati, sia perche' attribuirebbe al
 sindaco un potere  assolutamente  discrezionale  nel  rilascio  della
 concessione   edilizia,   senza  il  presupposto  di  alcun  criterio
 direttivo.
    Il  comune  di  Conegliano,  costituitosi in giudizio, contesta la
 fondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.  In  particolare,  il
 resistente  comune  assume  che  il  silenzio-assenso  non si sarebbe
 potuto formare nella fattispecie, pioche' viene in considerazione  un
 intervento al di fuori dell'edilizia residenziale.
    Con memoria del 15 giugno 1990 la societa' ricorrente confusa tale
 tesi   e,   in   subordine,   solleva   questione   di   legittimita'
 costituzionale, in parte qua, dell'art. 79 della legge regione Veneto
 n. 61/1985.
                             D I R I T T O
    Osserva  innanzitutto  il  collegio  che  interesse precipuo della
 societa'   ricorrente   e'   quello   di    ottenere,    a    seguito
 dell'accoglimento  del  primo  mezzo  di  gravame e dell'annullamento
 dell'atto di cui alla lett. a) dell'epigrafe, il riconoscimento  che,
 ai  sensi  dell'art. 79 della legge regione Veneto 27 giugno 1985, n.
 61, si sia formato  il  silenzio-assenso  sulla  propria  domanda  24
 novembre  1988  per  il mutamento, mediante l'esecuzione di opere (in
 variante  della  concessione  edilizia  14  febbraio  1985   per   la
 costruzione   di   un   fabbricato   adibito  a  centro  commerciale)
 dell'interrato  dell'anzidetto  fabbricato  da  autorimessa  ad   uso
 commerciale.
    E'  altresi'  evidente  che  soltanto  in  via  subordinata questo
 tribunale potrebbe annullare il provvedimento di cui  alla  lett.  b)
 dell'epigrafe,   recante   diniego  della  concessione  edilizia  per
 l'anzidetto mutamento di destinazione d'uso  e,  in  quanto  occorra,
 dell'art. 38 del regolamento edilizio comunale, cosicche' il collegio
 potrebbe passare all'esame degli  ulteriori  motivi  di  impugnazione
 soltanto  nel  caso  in  cui  il  primo  mezzo  di gravame risultasse
 infondato.
    Quanto sopra premesso, osserva il collegio che il silenzio-assenso
 sulla  domanda  di  concessione  edilizia  per  il  mutamento   della
 destinazione d'uso di cui sopra dovrebbe ritenersi verificato in base
 all'art. 79 della legge regione Veneto n. 61/1985.
    Ed  invero,  come  evidenziato  nel primo mezzo di gravame, l'atto
 sindacale 24 febbraio 1989, indicato al punto  a)  dell'epigrafe,  di
 diffida a dar corso ai lavori diretti al cambio di destinazione d'uso
 del piano interrato e' intervenuto dopo che erano decorsi  i  novanta
 giorni entro i quali il sindaco aveva il potere di pronunciarsi sulla
 domanda 24 novembre 1988, mentre, contrariamente a quanto assunto dal
 resistente comune, sono stati pure rilasciati, in data 20 e 27 giugno
 1988, i certificati di destinazione urbanistica relativi all'area  di
 cui si tratta.
    Senonche'  la resistente amministrazione comunale assume pure che,
 comunque, la formazione del  silenzio-assenso  nel  caso  di  cui  si
 tratta   dovrebbe  comunque  escludersi,  posto  che  l'istituto  del
 silenzio-assenso  sarebbe  riservato   alle   ipotesi   di   edilizia
 residenziale  che, pur intesa in senso lato, non potrebbe comprendere
 anche gli interventi ad uso  commerciale  quale  quello  oggetto  del
 ricorso.
    Occorre,  percio', affrontare la questione dell'applicabilita' del
 cosiddetto  silenzio-assenso  agli   interventi   di   edilizia   non
 residenziale,  tenendo  presente  che  l'art.  79 della legge regione
 Veneto 27 giugno 1985,  n.  61,  non  introduce  alcuna  limitazione,
 mentre  l'art.  8 della legge 25 marzo 1982, n. 94, prevede il tacito
 accoglimento  solo  per  le  istanze  di  concessioni   relative   ad
 interventi di edilizia residenziale.
    Sul  punto,  questa  sezione,  che  con  l'ordinanza n. 678 del 30
 giugno   1990   ha   gia'   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  79  della  legge  regione Veneto 27 giugno
 1985, n. 61, ritiene la questione stessa,  oltre  che  rilevante  nel
 caso   di   specie   per   le   ragioni  sopra  espresse,  anche  non
 manifestamente infondata in base  alle  argomentazioni  gia'  esposte
 nell'anzidetta ordinanza, e che di seguito vengono ribadite.
    Quanto  sopra  premesso,  osserva  il  collegio che, relativamente
 all'applicabilita' del cosiddetto silenzio-assenso agli interventi di
 edilizia  non  residenziale,  questo tribunale si e' gia' pronunciato
 per la soluzione affermativa sulla base di queste considerazioni:
       a)  nessuna  disposizione  della  legge  regionale  esprime  la
 volonta' di mantenere fermo il  principio  della  legge  statale  che
 limita  espressamente  la  formazione  del c.d. silenzio-assenso alle
 sole ipotesi di edilizia residenziale;
       b)  trattandosi  di  un  mero  schema procedimentale diretto ad
 attribuire  al  comportamento  dell'amministrazione  un   significato
 tipizzato,   non  si  tratta  neppure  di  una  scelta  sottratta  al
 legislatore  regionale  nella  sua  competenza  concorrente   (t.a.r.
 Veneto,  sezione  prima, 31 maggio 1988, nn. 501 e 502; id. 11 giugno
 1988, n. 552).
    Queste  conclusioni sono state contraddette dal Consiglio di Stato
 (sezione quarta, 12 ottobre 1989,  n.  682)  che  ha  riformato,  sul
 punto,  le  tre sentenze suindicate di questo tribunale. Il Consiglio
 di Stato ha ritenuto l'istituto del silenzio-assenso, previsto  dalla
 legge  regione  Veneto  n.  61/1985,  applicabile esclusivamente alle
 domande  di  concessione  per  interventi  di  edilizia  residenziale
 perche' la mancata ripetizione nella legislatura regionale del limite
 inerente all'edilizia residenziale non potrebbe  essere  inteso  come
 volonta' di estendere l'ambito del silenzio-assenso.
    Inoltre,  l'istituto  in  questione  non  si ridurrebbe ad un mero
 modulo organizzativo ma assumerebbe carattere sostanziale in quanto -
 in  deroga  ai  principi  generali  dell'ordinamento che impongono la
 subordinazione  dell'attivita'  edilizia  al   previo   provvedimento
 concessorio   -  svolgerebbe  effetti  costitutivi  della  situazione
 giuridica  del  privato  con  conseguente  consumazione  del   potere
 discrezionale dell'amministrazione.
    L'aspetto   sostanziale  dell'istituto  sarebbe  confermato  dalla
 pronuncia della  Corte  costituzionale  n.  1033  del  27  ottobre-15
 novembre  1988  che  ha  qualificato  come  norme  fondamentali delle
 riforme economico-sociali le disposizioni della legge 25 marzo  1982,
 n.  94,  in  materia  di silenzio-assenso alle domande di concessione
 edilizia per interventi abitativi.
    Il  collegio  continua  tuttavia  a  ritenere  che il procedimento
 introdotto  nell'ordinamento  regionale,  benche'  sia  evidentemente
 derivato  dalla  previsione dell'art. 8 della legge n. 94/1982, trova
 applicazione in tutte le ipotesi di richiesta di concessione edilizia
 e non puo' essere limitato agli interventi di carattere residenziale.
    Tale  interpretazione deriva innanzitutto dal carattere generale e
 sistematico della legge regionale 27  giugno  1985,  n.  61,  che  ha
 inteso  disciplinare,  tendenzialmente  al completo, le modalita' per
 l'assetto e l'uso del territorio. Percio', poiche'  l'art.  79  della
 legge   regionale   parla   delle   istanze   di   concessione  e  di
 autorizzazione senza limitare l'applicazione dell'assenso tacito agli
 interventi  residenziali, deve ritenersi che si riferisca a qualsiasi
 opera edilizia.  Il  carattere  generale  della  legge  regionale  e'
 confermato  dalla  mancanza di limite temporale alla applicazione del
 c.d. silenzio-assenso, mentre la normativa statale  e'  temporalmente
 limitata,  anche  se  e' stata prorogata per alcuni anni (vedi ora la
 legge 31 maggio 1990, n. 128).
    E'  significativo,  inoltre,  il  fatto che la legge regionale sia
 stata promulgata dopo l'entrata in vigore  della  legge  28  febbraio
 1985,  n.  47,  legge  quadro  in materia di controllo dell'attivita'
 urbanistico-edilizia il cui art. 25, primo comma, lett.  b),  dispone
 che le regioni dovranno, mediante proprie leggi, definire criteri per
 accelerare l'esame delle domande di concessione e  di  autorizzazione
 edilizia.
    Pertanto  la  previsione  dell'art.  79  in  questione puo' essere
 ricondotta all'esigenza sopra detta  presa  in  considerazione  dalla
 legge  quadro  nazionale,  che,  a  sua  volta,  non pone limitazioni
 correlate al tipo di intervento edilizio. Anche la  mancanza  di  uno
 specifico riferimento alle opere di edilizia abitativa negli artt. 89
 e seguenti  della  stessa  legge  regionale,  che,  disciplinando  il
 controllo  del sindaco sull'attivita' edilizia, richiamano piu' volte
 la  concessione  tacitamente  assentita,  conferma  la  volonta'  del
 legislatore  di  non  operare  alcuna  distinzione  sulla  base della
 diversita' degli interventi.
   In  particolare,  l'art.  92, terzo comma, lett. a), considera come
 variante essenziale alla concessione anche tacitamente assentita ogni
 intervento  che  comporti un mutamento sostanziale della destinazione
 d'uso dell'immobile e non consente di escludere dalla sua  previsione
 le  ipotesi  in  cui  il  cambio  di  destinazione  d'uso riguardi un
 immobile  non  residenziale  per  il  quale   sia   stata   assentita
 tacitamente  la  concessione  e  che, invece, abbia una utilizzazione
 diversa rispetto a quella cui era stato destinato  nella  domanda  di
 concessione.
    Tutte  queste considerazioni inducono il collegio ad insistere, in
 dissenso con la suindicata giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato,
 nella  interpretazione  estensiva  dell'art.  79  della legge regione
 Veneto 27 giugno 1985, n. 61, tenendo fermo il proprio  convincimento
 che   il   legislatore  regionale,  nel  prevedere  la  figura  della
 concessione  edilizia  tacitamente  assentita,   non   abbia   inteso
 limitarla  - come il legislatore nazionale del 1982 - agli interventi
 di carattere abitativo ma l'abbia estesa ad ogni tipo di  costruzione
 (vd. t.a.r. Veneto, sezione seconda, 15 maggio 1990, n. 570).
    Il  collegio  ritiene,  invece,  anche  in  relazione al dubbio di
 costituzionalita' prospettato dalla  societa'  ricorrente,  di  dover
 rimeditare  la  questione  della  possibilita' che la legge regionale
 disciplini la materia  in  modo  diverso  da  quello  previsto  dalla
 legislazione    nazionale    senza   incorrere   nella   censura   di
 incostituzionalita', anche  alla  luce  della  sentenza  della  Corte
 costituzionale  del  1988  sopra  richiamata  che ha qualificato come
 norma fondamentale delle riforme  economico-sociali  le  disposizioni
 dettate dall'art. 8 della legge 25 marzo 1982, n. 94.
    In  sostanza,  si  tratta  di  stabilire  se  la qualificazione di
 normativa  di  riforma  economico-sociale  attribuita   dalla   Corte
 costituzionale  alla  legge  statale  in  questione,  incidendo sulla
 competenza legislativa delle regioni a statuto ordinario, cosi'  come
 su  quella  delle regioni a statuto speciale, comporti un giudizio di
 illegittimita' costituzionale per la legge regionale  veneta  che  ha
 disciplinato la materia in modo parzialmente difforme.
    La   risposta   sara'   diversa  a  seconda  che  si  ritenga  che
 l'attribuzione  del  carattere  di  norma  fondamentale  di   riforma
 economico-sociale   debba   riferirsi  alla  previsione  in  generale
 dell'istituzione della  concessione  tacitamente  assentibile  ovvero
 riguardi anche la specifica disciplina ed i singoli casi previsti dal
 legislatore statale con conseguente  esclusione  della  possibilita',
 per  il  legislatore  regionale,  di dettare una diversa disciplina e
 introdurre altre ipotesi non rientranti tra quelle volute dalla legge
 di  riforma  ovvero  escludere  fattispecie  ammesse  dal legislatore
 statale.
    Ma  sul  punto  il  collegio  ha  dei  dubbi  e  comunque  non  e'
 competente, spettando il giudizio alla Corte costituzionale.
    La  non  manifesta  infondatezza  della  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 79 della  legge  regione  Veneto  27  giugno
 1985,  n.  61,  nella  parte  in  cui  prevede il tacito assenso alla
 richiesta  di  concessione  edilizia  senza  limitarlo   all'edilizia
 residenziale  e' confortata dalla constatazione che secondo la citata
 sentenza n. 582/1989 dalla quarta sezione del Consiglio di Stato  una
 norma  del  genere  (quella che, appunto, questo collegio legge nella
 disposizione dell'art. 79) sarebbe incostituzionale.